giovedì 5 aprile 2018

I nonni di una volta


Oggi i nonni vestono come i ragazzi di diciotto anni : sneakers, jeans a vita bassa e piumino 100 grammi Moncler o tipo Moncler colorato.
Si imbottiscono di Viagra e Meritene , sfrecciano in scooter , i più audaci sfoggiano braccialetti e orecchini postano su vari social  e imbastiscono tresche su chat di incontri una botta e via .
Niente a che fare col nonno sotto che mi ha ricordato molto come era mio nonno da parte di mamma che ho amato,  (mi insegnò a fare  le case di carta nella stessa maniera),  mentre non ho ho conosciuto il nonno da parte di babbo , proprio come l'autore : Michael Chabon - Sognando la luna 

"Nonno aveva acceso la radio sulla frequenza del notiziario. Il solito indecifrabile miscuglio di statistiche e disastri. Lui intanto sbatteva padelle, rovistava nei cassetti, li richiudeva di schianto.
 A volte le notizie gli facevano quell’effetto, specialmente se c’era di mezzo Richard Nixon, ma stavolta continuò a sbattere e pestare anche quando arrivò la pubblicità. Pensai che forse, come la nonna, era anche lui arrabbiato per il bambino perduto e per il ruolo che mio padre sembrava aver avuto nella perdita, ma niente di tutto questo mi era chiaro. Nella remota ipotesi che fosse arrabbiato per il mazzo di tarocchi, però, decisi di provare a depistarlo. A volte, dopo una mano di solitario, mio nonno costruiva un castello (anche se lui la chiamava «casa») di carte. Esistevano due modi per farlo, uno giusto e uno sbagliato.
 Quasi tutti sbagliavano, un pilastro della visione che il nonno aveva del comportamento umano, e che mi tramandò insieme alle lezioni di edilizia con le carte. Il modo sbagliato era appoggiare precariamente due carte una all’altra a mo’ di tenda, per poi creare delle file sovrapposte che salendo si stringevano di un triangolo fino a formare una grande piramide.
 Era un metodo intrinsecamente instabile, e anche eseguendolo alla perfezione potevi costruire solo un certo numero di piani prima che la piramide crollasse sotto il suo stesso peso. Il modo giusto era appoggiare quattro carte una all’altra sul lato lungo, formando una struttura a girandola con una cella quadrata al centro.
 Coprendo il quadrato centrale con un’altra carta, ottenevi una specie di robusta scatola capace di sostenere il peso di diversi piani. A ciascun raggio della girandola potevi quindi aggiungere altre carte formando nuove celle, e avanzare progressivamente in orizzontale e in verticale fino a ottenere una torre alta e imponente.
Delle carte che  usai, alcune erano girate sul dorso, mentre di altre si vedeva la faccia: il Topo, il Quadrifoglio, la Falce. Pensai alle storie che la nonna aveva costruito con quelle carte quando le avevo estratte.
 Capii che la mia torre era fatta di storie. Mi sembrò una metafora enigmatica. Immaginavo esistesse un motivo per cui a volte si diceva che un condominio era fatto di storie, o che le storie erano i mattoni di misteriose torri il cui significato mi sfuggiva. C’entrava forse, pensai, la Torre di Babele. Avrei voluto chiederlo al nonno, ma poi avrei dovuto spiegargli che uso faceva la nonna delle carte. Che lei raccontasse storie, perlomeno del genere che raccontava a me, gli avrebbe fatto ancor meno piacere che scoprire cosa faceva coi tarocchi.
 «Ma guarda»
 disse, scorrendo su e giù con occhio critico la mia torre. Aveva in mano due piatti e due forchette.
 «È facile»
 gli garantii.
 «Queste carte sono perfette per costruire. Ecco perché Mamie me le fa usare.»
 «Ah, è per quello?» 
Appoggiò i piatti alle estremità del tavolo di formica.
«Sì. Attento che la fai crollare.»
«Prima o poi verrà giù.
»No.»
Tra la cucina e la sala da pranzo c’era un bancone con un paio di sgabelli alti. Nonno apparecchiò per due lì anziché sul tavolo dove svettava la mia torre. 
«Le case di carte sono così» 
disse il nonno, tornando alla padella di salame e uova sbattute sul fuoco. 
«È risaputo.»
 «Cosa vuol dire risaputo ?»
 «Lo sai cosa vuol dire risaputo .»
 Mi allungò la padella per mostrarmela. Aveva fatto una specie di frittata, versando le uova tutt’intorno al salame fritto, lasciandole cuocere fino a scurirsi un po’ sotto, e poi girando il tutto per dorarlo sull’altro lato.
 «Quanti gradi ci sono in un cerchio?»
 mi chiese.
 «Trecentosessanta.»
 «Giusto. Tu quanti gradi ne vuoi?»
 «Centoventi.»
Tagliò una bella fetta che mi fece scivolare nel piatto. Ci sedemmo lì al bancone con la nostra cena, mentre alla radio si ergeva la solita torre d’incidenti, crimine, soldi, amore, buona e cattiva sorte, e guerra. Osservai la mia casa di carte riflettendo sulla risaputa inevitabilità del suo crollo."

5 commenti:

  1. io ho conosciuto mio nonno. una persona splendida ma che manteneva quella distanza giusta e necessaria che ispirava saggezza. mi leggeva moby dick e mi rivolgeva domande sul mondo. era silenzioso e uscito traumatizzato dalla guerra mondiale e dalla lotta partigiana. fumava mille sigarette. sempre in giacca e cravatta, scarpe eleganti anche in casa. sul tavolo aperti i giornali che leggeva tutte le mattine.

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    1. Mio nonno fumava un pacchetto di "ALFA" il giorno .Lavorava nelle saline , da questo puoi capire le mie origini, antifascista e un signore quando andava in giro con tanto di cappello tipo panama d'estate.Mi ha insegnato ad ascoltare e il rispetto verso la vita . Penso da quello che hai scritto che fossero simili ...ciao Andrea :)

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